IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza sulla richiesta, ritualmente proposta dalla questura di Trieste in data 6 agosto 2002, di convalida del decreto n. 799/2002 d.d. 6 agosto 2002, con cui e' stata disposta l'espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera del signor Toska Laurenc. In data 4 agosto 2002 personale della polizia ferroviaria di Trieste rintracciava nella stazione del capoluogo giuliano il cittadino albanese Toska Laurenc, che risultava privo di documenti validi per l'ingresso ed il soggiorno in Italia. Lo stesso dichiarava di essere entrato clandestinamente in Italia circa un anno fa, di aver svolto saltuarie attivita' lavorative in diverse citta' italiane, di dimorare attualmente a S. Giorgio di Nogaro e di lavorare presso la societa' "New Edil", che avrebbe presentato le pratiche per chiedere l'autorizzazione alla sua assunzione (v. annotazione della Polfer dd. 6 agosto 2002). Dopo aver sottoposto il Toska a rilievi fotodattiloscopici ed aver ottenuto il nulla-osta all'espulsione della locale procura della Repubblica, alle ore 12,36 del 6 agosto 2002 la questura di Trieste trasmetteva via fax a questo tribunale la richiesta di convalida del provvedimento di accompagnamento coatto alla frontiera, che sarebbe stato materialmente eseguito alle ore 13 del medesimo giorno tramite imbarco allo scalo marittimo di Trieste sulla nave in partenza per l'Albania. Soltanto alle ore 13,35, quindi successivamente all'ora prevista per il rimpatrio forzato, la questura di Trieste inviava via fax l'annotazione della polizia ferroviaria di Trieste, che aveva determinato l'avvio del procedimento amministrativo di espulsione. L'art. 13, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286/1998 introduce un meccanismo di tutela meramente formale in quanto non prevede che lo straniero possa permanere sul territorio dello Stato, evitando di essere immediatamente espulso, sino alla notifica del provvedimento motivato del tribunale. L'art. 13 della Costituzione, nella lettura datane dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 105/2001, prevede che il controllo da parte dell'autorita' giudiziaria dei provvedimenti emessi dall'autorita' di polizia condizioni la esecutivita' di tali provvedimenti, con la conseguenza che il diniego di convalida escluderebbe la possibilita' di eseguire il decreto di accompagnamento immediato. Il procedimento di convalida disciplinato dall'art. 13, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286/1998 non condiziona invece l'esecutivita' della misura limitativa della liberta' personale, con la conseguenza che un eventuale provvedimento di diniego della convalida non ripristinerebbe la situazione di fatto preesistente al decreto dell'autorita' di polizia. Un secondo dubbio di costituzionalita' della disposizione, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, concerne la evidente e, ad avviso del tribunale, ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla situazione, sostanzialmente identica, dello straniero nei cui confronti non sia possibile eseguire l'espulsione immediata, con il conseguente tratteninento dello stesso in un centro di permanenza temporanea ai sensi dell'art. l4, d.lgs. n. 286/1998. Infatti l'art. 14 del testo unico, nell'interpretazione costituzionalmente corretta effettuata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 105/2001, stabilisce che la convalida del provvedimento di trattenimento nel CPT investe anche il decreto di espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera, di cui al precedente art. 13, sicche' il diniego di convalida viene a travolgere, insieme al trattenimento, anche il provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, con la conseguente impossibilita' di darvi esecuzione. Un altro profilo di ingiustificata disparita' di trattamento puo' ravvisarsi nella mancata previsione, da parte dell'art. 13, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286/1998, del meccanismo contemplato dall'art. 14, comma 4, che richiama il procedimento in camera di consiglio di cui agli artt. 737 e segg. c.p.c e stabilisce che il giudice provveda dopo aver sentito l'interessato. La procedura disciplinata dall'art. 737 c.p.c. contempla la possibilita' per il giudice della convalida di esercitare i poteri d'ufficio anche attraverso l'acquisizione di sommarie informazioni utili alla decisione, laddove il procedimento previsto dall'art. 13, comma 5-bis, del testo unico si riduce ad un controllo meramente cartaceo e formale del provvedimento di espulsione con accompagnamento coattivo, senza alcuna reale garanzia a tutela della liberta' personale e del principio dell'habeas corpus. L'assenza delle garanzie sopra ricordate non puo' non incidere anche sull'effettivo esercizio del diritto di difesa da parte dello straniero raggiunto dal provvedimento di espulsione, che viene messo nell'impossibilita' di fornire eventuali informazioni utili all'approfondimento istruttorio e di spiegare le sue ragioni, anche con l'assistenza della difesa tecnica, con conseguente, possibile violazione dell'art. 24 della Costituzione. Un ultimo dubbio di legittimita' costituzionale riguarda la compatibilita' della procedura disciplinata dall'art. 13, comma 5-bis, con il principio del "giusto processo" affermato dall'art. 111 della Costituzione, cosi' come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2. Infatti l'assenza di qualunque forma di contradditorio, la mancanza dell'assistenza di un difensore e l'impossibilita' per lo straniero di dedurre prove a suo favore, pongono la convalida ivi prevista al di sotto degli standards minimi del "dovuto processo sui diritti", con la inevitabile impossibilita' per il giudice di compiere una verifica piena ed effettiva della legittimita' del provvedimento sottoposto al suo vaglio. La questione prospettata, oltre a essere non manifestamente infondata, appare rilevante nel procedimento in corso in quanto attiene alle modalita' della convalida della misura sottoposta al controllo di questo tribunale, misura che oltretutto viene eseguita a pochi minuti di distanza dalla comunicazione al tribunale della richiesta di convalida da parte del questore.